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Autogiro d’Italia 2019: Maurizio Paloni si aggiudica la prima edizione

Autogiro d’Italia 2019: Maurizio Paloni si aggiudica la prima edizione

“Pensando al Motogiro, al quale ho partecipato durante molte edizioni, ed immaginare più di cento moto parcheggiate all’arrivo di una tappa è senza dubbio qualcosa di davvero emozionante esattamente come lo è vedere trenta autovetture giungere in una piazza ma, è mettere insieme le cento moto e le trenta auto che trasforma il tutto in una grande festa dei motori”.

E’ con queste parole Giampiero Sacchi, ideatore e direttore dell’Autogiro d’Italia, ha inaugurato il breafing dedicato agli equipaggi della prima edizione dell’Autogiro d’Italia, manifestazione che mira a ritagliarsi uno spazio all’interno del panorama degli historic challenges. Cosi il 1 giugno, dopo 1468 chilometri suddivisi in sei tappe, l’Autogiro si è concluso li dove il 27 maggio aveva preso le mosse e cioè all’interno della splendida cornice rappresentata dall’Anfiteatro di Bleso a Tivoli. Sei giorni di guida impegnativa caratterizzati da condizioni meteorologiche, almeno per ciò che concerne le prime tre tappe, più consone ad un rigido inverno che non ad un preludio d’estate.

C’è da dire che mai come in questa occasione uno slogan fu più indovinato e Il se ti piace guidare, vieni all’Autogiro, ha rispecchiato in pieno lo spirito con il quale i partecipanti si sono presentati al via. Equipaggi che hanno potuto contare su una organizzazione curata in ogni piccolo particolare forte anche dei tanti anni di esperienza portati in dote dal Motogiro d’Italia e dal Motoclub Terni Liberati-Pileri con il quale l’Autogiro ha condiviso partenze, arrivi, percorsi e ristori, questi ultimi previsti in abbondanza lungo tutto il tragitto.

L’Autogiro Village poi, allestito con l’hospitality corporate e stand espositivi, ha reso la festa fruibile a tutto il pubblico occorso in occasione degli arrivi e delle partenze di ogni singola tappa. Bellissime le auto presenti per un parterre capace di rappresentare epoche e stili. Non volendo certamente redigere un elenco ma soltanto per dare alcuni riferimenti, partendo da un Alfa Romeo Zagato e passando per l’Alfa 1900 del 1957 che fu di Enrico Mattei, per uno splendido esemplare di GT Scalino, per un Maserati Ghibli, per le MG, Lancia Fulvia Cupè, Alfa Romeo Montreal, Fiat Dino sino ad arrivare alle splendide Lamborghini Diablo ed Hurican Performante, alle Ferrari ed alle incredibili Jaguar presenti della Scuderia Jaguar Storiche grazie alla presidentessa Colomba Rita Annunziata, il parco chiuso si è trasformato in un vero museo a cielo aperto, capace di raccontare la storia dell’automobile. Soltanto per rimanere agli esemplari della Casa di Coventry, una Daimler 250 V8 del ’68, solo 104 esemplari prodotti con la guida a sinistra, una XJ6 del 1976, una MK7 del ’52 protagonista tra l’altro del film Milk, una Daimler Duble Six, una E Type 4200 seconda serie del 1969, l’auto che nell’immaginario comune si lega a Diabolik ed il famosissimo Salotto che viaggia a 200 kmh, cosi come veniva descritta la S Type 3400 datata 1965, hanno letteralmente catturato l’attenzione e le fantasie di quanti hanno potuto goderne la visione.

L’Autogiro non voleva essere una gara, e non avrebbe neppure potuto esserlo, ma più concretamente un modo di condividere una passione e quella voglia di vivere una esperienza unica fatta di vita in comune, il tutto perdendosi in scenari e paesaggi unici.

Partendo da Tivoli il raid ha portato gli equipaggi ad attraversare il Lazio, l’Abruzzo, le Marche e l’Umbria seguendo un roadbook con tabelle di marcia che prevedevano tra l’altro prove di abilità in base alle quali i cronometristi, hanno poi stilato le varie classifiche giornaliere e finali, decretando anche il vincitore assoluto. E cosi, durante la Cena di Gala, Giampiero Sacchi ha avuto il piacere di premiare i differenti vincitori di categoria, quello assoluto e consegnare il Premio d’Eleganza attribuito da una apposita giuria. Entrando nel dettaglio, l’equipaggio Federico Salvati/Stefano Salvati si è aggiudicato la classe Vintage a bordo di una Alfa Romeo Zagato 1300 4 cilindri del 1969, un’auto prodotta in circa 1400 esemplari e pensata appositamente per le corse, capace di raggiungere agevolmente i 180 km/h. Una autovettura che nell’immaginario dei progettisti doveva essere la naturale evoluzione dell’Alfa GTA e per realizzarla, si pensò di utilizzare come base il telaio accorciato del Duetto, dotando poi la carrozzeria di sportelli e cofani in alluminio; un progetto tanto ambizioso quanto costoso.

In realtà, l’equipaggio Salvati/Salvati, Federico tra l’altro presente su tanti autodromi a cavallo degli anni ’70 e ’80 come pilota nel Trofeo Alfasud e Formula Italia, si è ricomposto appena dopo la partenza della prima tappa a causa di un problema tecnico che ha costretto Stefano a non poter continuare con un Alfa 1900 che, come detto in precedenza, fu di Enrico Mattei. Mauro Franceschini invece, ha vinto la categoria Classic su Lancia Fulvia Cupè precedendo l’equipaggio Bertini/Frigerio che portava in strada una Mercedes SL300 e, terza classificata, una Alfa Romeo 75, veicolo del parco storico dell’Arma dei Carabinieri, con a bordo Paolo Monte e Luigi Giacira.

Per ciò che concerne invece le Supercar, Maurizio Paloni e la sua Lamborghini Diablo 5700cc 12 cilindri modello 2VD prima versione, auto priva di servosterzo e controlli, sono risultati primi classificati aggiudicandosi altresì anche la classifica assoluta. Una vettura che viste le condizioni meteo e le strade percorse, non ha certamente potuto prescindere dalle ottime doti di guida del proprietario per destreggiarsi sull’intero itinerario.

Come detto in precedenza, una apposita giuria ha proclamato anche il vincitore del Premio d’Eleganza che è stato assegnato a Benito Battilani iscritto con una Maserati Messico del 1969. L’auto prediletta da attori e cantanti per il suo prestigio, classe e, non per ultimo, per una certa facilità di utilizzo su strada. Soltanto 400 gli esemplari prodotti per questo V8 che nella versione 4700cc, quella che ha vinto appunto, ne poteva contare circa 130 mentre i restanti vennero equipaggiati con un motore di 4,2 litri. L’Autogiro d’Italia si è svolto sotto l’egida del CSI, Centro Sportivo Italiano, e con una partnership d’eccellenza siglata con la Confartigianato Imprese presente all’arrivo nella persona del Presidente di Confartigianato Autoriparazione Alessandro Angelone.

Una collaborazione che ha come obiettivo quello di comunicare le grandi opportunità che si celano nel mondo dell’automobilismo e motociclismo d’epoca per tantissimi artigiani. Una bella nota di colore, che merita un sentito ringraziamento al Ministero degli Interni, è quella costituita dalla presenza in occasione del ritorno su Tivoli della Lamborghini 4x4 in dotazione alla Polstrada di Roma; normalmente utilizzata per il pattugliamento in autostrada, per il trasporto organi e dotata di defibrillatore, l’auto e l’equipaggio costituito dai due Assistenti Capo Coordinatori Guglielmo d’Alatri e Antonio d’Alessio, sono stati letteralmente presi d’assalto dalla curiosità di grandi e piccini.

E così mentre l’Autogiro d’Italia mette in archivio questa prima edizione, l’organizzazione pensa già al futuro e lo fa nel senso più stretto della parola. L’idea infatti è quella di coinvolgere i veicoli elettrici. Un vero ritorno al futuro perché i raid, negli anni eroici degli albori dell’automobile, erano si gare ma soprattutto test tramite i quali promuovere quello che sarebbe divenuto il mezzo di trasporto del domani e se l’elettrico è il futuro, l’Autogiro è pronto a certificarlo.

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Ci ispiriamo alla grande tradizione delle corse automobilistiche di gran fondo su strada che, già dal 1901, venivano organizzate nel nostro Paese.

Corse epiche dove i protagonisti erano piloti ed automobili capaci di scrivere la storia di uno sport meraviglioso e che, ai suoi albori, li vedeva impegnati su percorsi abitualmente aperti al traffico, tra ali di folla entusiaste e festanti.

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